Dopo tre anni di impegno, si sono concluse in questo mese di Dicembre le attività previste nel progetto di collaborazione con la Federazione Nazionale delle Persone con disabilità. Nell’autunno del 2017, subito dopo la nostra registrazione, la Federazione manifestò l’auspicio di poter individuare tre servizi territoriali, perché potessero formarsi in modo più sistematico secondo l’approccio globale alla riabilitazione in età evolutiva. Dopo una prima fase di formazione, che ha coinvolto 25 distretti di 9 Province, sono stati selezionati tre centri, in tre diverse Province (Sichuan, Jiangsu ed Heilongjiang). Col personale di questi tre centri e con le Federazioni locali in questi ultimi tre anni abbiamo intrecciato relazioni fruttuose e significative anche dal punto di vista umano.
Il supporto, che ha coinvolto anche l’Associazione Womende Jiayuan, si è concretizzato in forme diverse, concordate con la Federazione Nazionale, e con i centri stessi per i contenuti, in base ai bisogni specifici: corsi effettuati a Pechino (5), formazione sul posto (15), consulenze a distanza (92), internship presso il Centro di Womende Jiayuan a Pechino (8 persone per due settimane). A dimostrazione dell’interesse per il tipo di approccio condiviso, ogni anno i responsabili dei centri hanno mandato alcuni terapisti anche ai corsi che con l’Associazione Womende Jiayuan organizzavamo a Pechino, al di fuori di questo Progetto: non volevano perdere ulteriori occasioni per crescere nella professionalità e nell’approfondimento dei principi fondamentali di questo approccio, che aiuta a mettere il bambino e la famiglia al centro dell’intervento riabilitativo, curando i rapporti con il territorio e le risorse che esso può offrire in vista di una reale inclusione. Sarebbe troppo lungo descrivere in dettaglio il percorso fatto insieme, tuttavia ci sembra bello evidenziare alcuni risultati che rivelano da una parte il notevole impegno assunto da questi centri e dalle Federazioni locali, e dall’altra sottolineano la bontà dell’iniziale lettura dei bisogni in vista di uno sviluppo del loro servizio in senso globale.
In tutti i centri c’è stato un cambiamento nell’organizzazione degli spazi delle diverse sezioni, che ha favorito un maggior rispetto dei bisogni del bambino, creando un ambiente più stimolante e nel contempo armonioso e tranquillo. In alcuni centri sono stati anche fatti dei cambiamenti strutturali e dei lavori di rinnovo, per arrivare a questo fine. Altro aspetto fondamentale è stata l’introduzione di ausili: all’inizio nessuno di questi centri aveva in dotazione ausili per l’età evolutiva. Alla fine del percorso non solo gli ausili sono stati introdotti nel servizio durante i trattamenti, ma anche proposti ed accolti dalle famiglie … una piccola rivoluzione, tenuto conto che a ciò hanno fatto seguito cambiamenti più o meno grandi a livello di policy locale in materia di ausili. Molto si è lavorato sul Team, a diversi livelli: la composizione (quali sono le figure minime necessarie per garantire un approccio globale), la specificità dei ruoli (quando tutti fanno tutto è più difficile crescere professionalmente), la necessità di un confronto attraverso il lavoro di equipe (il bambino non è a “pezzi”), ecc. Sono quindi venute in rilievo alcune figure il cui ruolo è trascurato a addirittura assente, ad esempio lo psicologo, l’assistente sociale, l’insegnante, il terapista occupazionale: figure che, insieme alle altre, possono dare input decisivi nel processo di inclusione.
Non è mancata una intensa e continua verifica delle cartelle e dei piani di trattamento (sono stati seguiti costantemente 52 casi e verificati nel tempo 222 piani di trattamento, con una attenzione anche sul flow del servizio). Le cartelle si sono arricchite via via di valutazioni che hanno aiutato i terapisti a leggere meglio i bisogni del bambino, nei piani di trattamento sono state inserite voci prima inesistenti (ausili, supporto ai bisogni educativi e scuola, supporto alle problematiche relazionali/psicologiche etc.): la differenza tra i piani di trattamento condivisi all’inizio del progetto e quelli condivisi alla fine è evidente, e crediamo che riveli, almeno in parte, un cambiamento nel modo di vedere il bambino. In questo quadro, naturalmente, si è realizzato un maggior coinvolgimento delle famiglie, sia a livello individuale (ascolto, condivisione di informazioni etc.), sia a livello di gruppo (attività organizzate per loro). Infine, quasi come frutto atteso (ma non per questo scontato) del percorso, in tutti i centri si è assistito ad una intensificazione dei contatti con il territorio … gli asili, le scuole, ed in qualche caso anche gli istituti di formazione professionale che si sono aperti agli adolescenti/giovani per i quali si cerca uno sbocco professionale.
Nell’incontro finale del progetto, che ha avuto luogo a Chengdu (Provincia del Sichuan), sia i responsabili dei centri che le autorità delle Federazioni locali cui gli stessi fanno riferimento, hanno affermato che non potrebbero più lavorare nello stesso modo e che comunque, in caso lo facessero, sarebbero consapevoli di non operare per il bene del bambino e della sua famiglia. Molta è la strada ancora da fare, e tutti i centri desiderano continuare a mantenere i contatti … ci sembra però che aver accompagnato negli operatori un ascolto maggiore ai bisogni del bambino e della sua famiglia sia stato significativo, ed abbia fatto crescere anche noi.
Monica Mongodi, Rappresentante Paese