A settembre da OVCI ci hanno scritto: “Viste le circostanze in cui ci troviamo e le indicazioni ricevute dal Ministero e dal Dipartimento, OVCI vi vorrebbe proporre di continuare il progetto Caschi Bianchi per l’inclusione delle persone fragili in CINA in modalità online”.
Sicuramente non era quello che ci aspettavamo. Quando ci è arrivata la comunicazione che eravamo state selezionate per il progetto di Servizio Civile Universale in Cina, eravamo entrambe emozionatissime e non abbiamo esitato ad accettare. Siamo Chiara e Clelia, due ragazze con storie e percorsi formativi diversi, ma probabilmente proiettate nella stessa direzione. Per ognuna di noi partecipare a questo progetto aveva un significato diverso, ma per entrambe avrebbe portato allo stesso risultato: tornare in Cina e vivere un’esperienza diretta di cooperazione in questo paese.
Dopo aver fatto la formazione pre-partenza e avviato le diverse pratiche burocratiche, abbiamo però ricevuto la notizia che né noi volontarie né il nostro Ente ci aspettavamo. Il 13 agosto, il Dipartimento per le Politiche Giovanili ha emesso una circolare che determinava il blocco alle partenze dei volontari in Servizio Civile per una serie di paesi, compresa la Cina.
E così, il nostro trasferimento a Pechino, dove avremmo dovuto prendere parte alle attività del progetto e dove avremmo avuto l’opportunità di immergerci in una cultura diversa, era ormai irrealizzabile.
Non staremo a ripetere il disappunto e l’amarezza che queste decisioni, e il modo in cui sono state prese e comunicate, ci hanno lasciato addosso, perché non è di questo che stiamo parlando ora. Possiamo dire però che nell’affrontare questa situazione non ci siamo sentite sole. Anzi, abbiamo avuto tutta la comprensione e il supporto da parte del nostro Ente, che non ci ha mai fatto sentire abbandonate.
Ma tornando a noi… quando la nostra responsabile di Servizio Civile ci ha presentato la possibilità di non rinunciare al progetto e al paese che avevamo selezionato grazie ad una collaborazione online, ci siamo ritrovate davanti ad un bivio: rimanere legate al percorso che avevamo scelto, ognuna con le proprie motivazioni e aspettative, senza però poterlo portare avanti come ce lo eravamo immaginate; oppure scegliere l’esperienza sul campo - in un altro paese, con un altro ente e un altro progetto - attraverso il ricollocamento, lasciandoci alle spalle tutto il lavoro fatto fino a quel momento con OVCI.
Sono state settimane piene di emozioni contrastanti, analisi di pro e contro, indecisioni e ripensamenti. Il peso di sentirsi tirate da una parte dalla voglia di iniziare un’avventura in un luogo nuovo e facendo qualcosa di concreto e in modo diretto, e dall’altra, il desiderio di non abbandonare la strada che avevamo deciso di percorrere e su cui ci eravamo già avviate. Non è stato facile arrivare ad una decisione finale, ma quando l’abbiamo fatto, ne eravamo convinte. Non avremmo spezzato il legame che ormai stava crescendo con il progetto e con il team di OVCI e avremmo continuato questo percorso con loro, da remoto.
Che cosa è significato realmente?
Sicuramente ormai viviamo in tempi in cui lo “smartworking” non è proprio un’eccezione o, per lo meno, non sorprende più nessuno. In questo caso però un po’ di sorpresa c’è stata, considerando che ad oggi, forse, siamo noi due o pochi altri gli apripista di questa nuova modalità di svolgere il Servizio Civile Universale all’Estero. Per questo motivo, tutto quello che abbiamo fatto e stiamo facendo fa ancora parte di un processo di scoperta, sia per noi che per il nostro OLP e organizzazione.
Giusto per essere più chiare con i lettori, il nostro ruolo all’interno del progetto sarebbe dovuto essere quello di supportare il team di OVCI in Cina nella programmazione, nel monitoraggio e nella formazione di professionisti nel paese, ai fini di migliorare le condizione di cura di persone con disabilità e di favorirne l’inclusione scolastica e lavorativa. Si tratta quindi di un ruolo quasi più amministrativo e non tecnico, visto che, al contrario degli altri volontari OVCI, nessuna di noi ha avuto una formazione in campo riabilitativo, sanitario o di assistenza alla persona e siamo state selezionate per avere un tipo di profilo diverso.
Stabilire una tabella di lavoro a distanza è quindi risultato un po’ più semplice, essendo che il tipo di mansioni che svolgiamo comprende traduzioni in e da italiano, inglese e cinese (di materiale informativo, divulgativo, professionale, amministrativo...), ideazione e gestione di campagne social, raccolta ed elaborazione dati, … e tante altre azioni che, con qualche difficoltà in più, possono essere svolte anche a distanza.
Almeno una volta a settimana organizziamo incontri con il nostro OLP Riccardo, per discutere il lavoro da fare, scambiare opinioni e idee, ma soprattutto per tenerci aggiornate su tutto ciò che succede da loro in Cina, così da non farci sentire tagliate fuori dalle attività svolte. Sempre settimanalmente, partecipiamo anche ad incontri di supervisione di terapisti, dove vengono presentati i casi di pazienti con diverse disabilità, i loro progressi e le difficoltà riscontrate nel trattamento. Questo ci permette di avere una finestra aperta anche sull’aspetto più pratico del lavoro di OVCI, e di osservare da “vicino” come viene implementato l’approccio globale alla persona con disabilità. Inoltre, quasi quotidianamente, facciamo collegamenti online tra di noi. Un po’ per auto-fissarci degli orari lavorativi, ma molto di più per tenerci in compagnia, supportarci a vicenda e confrontarci in continuazione.
Vantaggi e svantaggi: trasformare gli ostacoli in opportunità
Insomma, inizialmente non ci sembrava uno scenario molto incoraggiante, ma la resilienza ormai è la nostra migliore amica. Pian piano stiamo imparando a so-stare in questa situazione, cercando sempre di trarre tutto il positivo e ciò che è meglio per viverci a pieno questa esperienza.
Inutile dire che il contatto diretto con le persone ci manca. Poter essere realmente in un luogo e vivere a 360 gradi tutto ciò che ha da offrire, è un’esperienza che non può essere riprodotta in nessun altro modo e non saremo certo noi a dire che fare il Servizio Civile online è uguale a farlo recandosi sul posto. Ma è anche vero che, in certi versi, essere “vincolate” ad una sede precisa ha delle limitazioni.
Una delle opportunità che abbiamo subito realizzato di poter sfruttare è stata sicuramente la possibilità di poterci spostare durante il nostro servizio. Certo, come ogni altro smartworking, significa che sì, si può lavorare dalla propria stanza, così come da un ufficio o da un bar che ci piace tanto. Ma non è quello a cui ci riferiamo. Proprio perché ciò che più di tutto ci è venuto a mancare è l’esperienza diretta sul posto, svolgere il Servizio Civile da remoto, significa anche avere l’opportunità di approcciare altri “campi” e di cercare il contatto diretto altrove. Per esempio in una piccola realtà sociale vicino a casa o in un progetto di volontariato in un paese lontano. Insomma, in questo modo possiamo arricchirci dell’esperienza di Servizio Civile, sia dal punto di vista personale che formativo, mentre continuiamo ad accumulare altre e nuove esperienze attraverso realtà differenti.
E anche vero però che quell’anno di “esperienza sul campo” che sarebbe dovuta comparire sul nostro curriculum a fine servizio, ci verrà a mancare.
La nostra paura era infatti e soprattutto quella di accettare una condizione che poteva rivelarsi “limitante” per il nostro futuro. D’altra parte però, constatiamo che il carattere professionalizzante di questo Servizio Civile “anomalo” non verrà meno. Al contrario, crediamo che possa essere anche più arricchente. La Cooperazione in un paese come la Cina è un campo estremamente settoriale. Pochi lo sperimentano, e se noi due possiamo essere fra quei pochi e riuscire a sviluppare delle competenze “uniche”, sarà proprio grazie alla scelta che abbiamo preso quando ci siamo ritrovate di fronte a quel bivio di cui vi parlavamo all’inizio.
Ed è sempre questa scelta che ci ha anche portato a riscoprire il grande potenziale dell’apprendimento condiviso, dello scambio reciproco di competenze e della condivisione di idee nel lavoro di squadra, che assume forse un ruolo ancora più importante nella nostra situazione. Ci siamo ritrovate a dover lavorare al fianco di una persona sconosciuta e a dover cercare di creare un equilibrio tra di noi, senza nemmeno esserci mai viste di persona. In realtà è stato proprio il vivere insieme tutta questa vicenda fin dall’inizio che ha creato le basi perché questa armonia prendesse vita e desse origine ad un legame un po’ insolito, ma speciale. E forse è stata solo fortuna, o una serie di coincidenze che non dipendono da nessuno, ma per noi funziona, e alla grande!
In conclusione…
Di certo immaginavamo tutt’altro futuro per questa esperienza, ma nonostante ciò, ci siamo sempre sentite “in sintonia” col progetto ed in linea con i valori che per noi rappresenta. Questo ci ha permesso di non perdere la motivazione, anche grazie alle persone con le quali abbiamo condiviso questa strana situazione, che sono sempre state presenti, disponibili al confronto e pronte a supportarci.
Il blocco delle partenze ha scombinato tutti i piani che avevamo, creando uno scarto doloroso tra quello a cui ambivamo e ciò che in realtà ci siamo ritrovate tra le mani. L’impossibilità di lavorare insieme “sul campo” non ci permette di sperimentare l’immersione nella realtà locale e la relazione interpersonale diretta tra di noi, i beneficiari e l’equipe nella sede dell’Ente. Ma questo non ha ostacolato né il nostro voler portare avanti gli obiettivi programmati né il voler dare il nostro contributo al progetto, in un modo un po’ inconsueto, ma pur sempre valido.
Chiara Cattaneo e Clelia Marinucci – Caschi Bianchi con OVCI in Cina