Mancano pochi giorni alla nostra partenza. Nostra. Quante volte mi sono ritrovata, quest’anno, a parlare in un “noi maiestatis” ridicolo agli occhi di chiunque non avesse capito quanto questo anno sia stato ‘nostro’. E forse è questo il problema. Non sono sicura di sapere come muovermi nel tornare ad una vita ‘normale’, dove ognuna tornerà nella propria casa, dai propri affetti, e proseguirà con la sua vita.

scucina2La scoperta più grande di questo anno di Servizio Civile Universale (SCU) è stata infatti quella di scoprire di essere una famiglia. Svolgere lo SCU porta a una condizione di difficoltà, soprattutto nella prima fase, in cui ogni piccola cosa appare sia nuova ed elettrizzante, sia spaventosa e complessa. Partecipare ad un progetto del genere, volando dall’altra parte del mondo, porta a una condizione di disequilibrio in cui spesso si tende a vedere tutto o nero o bianco. L’essere insieme, con le altre ragazze del servizio civile, mi ha permesso di vedere a colori. Insieme ci siamo trovate e siamo riuscite a instaurare un rapporto di dialogo e profondo affetto, proprio come fossimo una famiglia. Il contesto cinese, così come la diversità di ciascuna di noi, ci ha permesso di svolgere le attività più disparate, con una voglia costante di metterci in gioco. Ritrovarsi dall’altra parte del mondo, lontane da casa e dai propri affetti, è probabilmente il fattore più difficile da superare, tuttavia insieme siamo riuscite ad affrontarlo, diventando casa l’una per l’altra. Non solo siamo diventate casa l’una per l’altra, ma anche compagne di viaggio e compagne d’avventure. La realtà cinese è una realtà che possiede mille sfaccettature e contraddizioni e insieme abbiamo sempre ritagliato degli spazi per poter confrontarci e analizzare la realtà circostante, senza mai giudicare in maniera troppo affrettata o definitiva.

Le scoperte in Cina sono state numerose: le diversità regionali e dialettali, l’importanza del cibo, dello sport e dei giochi da tavolo quali il mahjong, il rispetto delle persone anziane e tantissimi altri fattori che abbiamo introiettato e che, in qualche modo, ora fanno parte di noi. In questi ultimi pochi giorni che ci restano ci troviamo di fronte all’ultimo fatidico gradino, che è quello del ritorno. Il ritorno, che concetto strano. Implica che tu stia tornando al punto di partenza ripercorrendo la strada all’indietro senza voltarti, almeno per un po’.

scucinaAltamente sconsigliato guardarsi indietro, almeno per il lasso di tempo del tragitto di ritorno. Se ti guardassi indietro, finiresti confusa, abbagliata, nel bivio perenne fra andata e ritorno, privata dell’unica certezza momentanea che è quella di ritornare. “Ritornare” dopo un intero anno in Cina poi, credo voglia dire essere pronta a mettere in discussione di nuovo tutto, quella “normalità” che prima era prassi ma che adesso risulta stravolta. È come aver preso un libro e aver imparato per lungo tempo a leggerne le parole al contrario, per poi doversi riabituare a leggerle secondo l’ordine iniziale. Le forme ti sembrano familiari, ma fai fatica a interpretarle e a capirne appieno il senso. Ne deriva confusione e sbandamento, per cui ti chiedi: dov’è la normalità e dov’è la stranezza? “Ritornare” vorrà dire che le dimensioni spaziali e temporali dovranno ridimensionarsi, gli odori si faranno meno pungenti, così come il freddo o come il caldo, il sole o la pioggia. I vocioni dei passanti si faranno più discreti e silenziosi e gli sguardi meno avvezzi all’invadenza. Il traffico meno avventuroso e le fattezze urbane meno seducenti. Penso che mi troverò a strabuzzare la vista ogni qual volta che tutto mi sembrerà stranamente più “normale”.

Ma quindi sto tornando alla normalità? Ma per l’appunto, dov’è la normalità e dov’è la stranezza? Cancellare la netta linea di demarcazione fra le due, credo sia stato l’esercizio più difficile di quest’anno: lasciare che si amalgamassero l’una all’altra, dando vita ad una dimensione altra fatta di contraddizioni e ossimori. Così com’è il caos ordinato che dà forma all’anima di Pechino e che per un anno ci ha accolte, non sempre con clemenza. La sfida non solo sarà raccontare tutto quello che abbiamo vissuto quest’anno, ma soprattutto raccontarlo singolarmente e non all’unisono.

La sfida sarà non essere nostalgiche di ciò che lasciamo indietro, ma apprezzare ciò che portiamo con noi, ciò che ha deciso di accompagnarci e di non rimanere indietro. La partenza in questo momento è il nostro orizzonte, perché è quello che vediamo di fronte ai nostri occhi, che delimita il nostro confine e oltre il quale non sappiamo più cosa ci sia.

Ada, Costanza e Giulia, Caschi Bianchi SCU con OVCI in Cina

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