Pubblichiamo di seguito uno stralcio dell'intervista a Rita Carissimi, fisioterapista del Centro di Riabilitazione Nuestra Familia in Ecuador. Per leggere l'articolo intero pubblicato sul Notiziario La Nostra Famiglia clicca qui.
In un pomeriggio di fine settembre, alla vigilia del suo ritorno nell’amato Ecuador, abbiamo incontrato Rita Carissimi, fisioterapista del Centro di Riabilitazione “Nuestra Familia” di Esmeraldas. Rita è attualmente impegnata come tecnica referente all’interno di un importante progetto co-finanziato dalla fondazione Prosolidar e in collaborazione con il MIES (Ministero di Inclusione Economica e Sociale) e l’Associazione Nuestra Familia. Il progetto ha un titolo esaustivo: “Ausili ortopedici: servizi di supporto all’inclusione scolastica, sociale e lavorativa delle persone con disabilità” e mira appunto a garantire l’accesso ad ausili e ortesi alle persone con disabilità in difficoltà economica, secondo una logica di costo sociale, raggiungendo più di 600 beneficiari, tra persone con disabilità e le loro famiglie, ogni anno. Il progetto si inserisce nel quadro più ampio della collaborazione tra OVCI e la controparte locale “Nuestra Familia”, nata nel 2002, e che ha visto nel 2009 l’implementazione della prima officina ortopedica di tutta la provincia di Esmeraldas.
La principale attività di progetto è la distribuzione di ausili e ortesi a persone con disabilità nella provincia attraverso:
- la consulenza gratuita e personalizzata fornita dai tecnici ortopedici;
- la produzione di ausili personalizzati secondo le esigenze del beneficiario;
- la produzione di ortesi;
- la riparazione di ausili e ortesi;
- la distribuzione di prodotti ortopedici.
Tra i vari progetti che OVCI porta avanti in Ecuador, questo è sicuramente quello in cui la collaborazione tra i promotori OVCI e l’associazione Nuestra Familia si fa più concreta. Vuoi spiegarci in cosa consiste il tuo lavoro all’interno del progetto?
Il mio lavoro è semplice: do la disponibilità a valutare i bambini che i promotori inviano presso il centro di modo che io possa consigliare l’ausilio o l’ortesi più indicati. C’è da dire che successivamente all’emergenza pandemica si è esacerbata la violenza in tutta la provincia e al centro afferiscono sempre meno bambini, nonostante i bisogni non siano diminuiti. Qui il lavoro importante è quello dei promotori della strategia di Sviluppo Inclusivo su Base Comunitaria perché raggiungono le famiglie nelle zone più lontane e forniscono assistenza, riabilitazione e supporto anche di tipo psicologico o legale se necessario. Ad esempio, ultimamente, all’interno del progetto in questione sono stati consegnati dai promotori nei diversi cantoni molti ausili ortopedici adattati in base alle necessità.
Quali sono secondo te ad oggi le difficoltà maggiori?
Abbiamo anche bambini che vengono dall’ospedale, ma è difficile che arrivino con una relazione di un medico, poiché non sempre ci sono le competenze necessarie a capire di cosa il bambino abbia realmente bisogno per vivere una vita dignitosa e progredire il più possibile a livello motorio. Per alcuni materiali poi purtroppo abbiamo il problema di reperibilità. Sono materiali che arrivano dalla vicina Colombia e il clima non è dei più distesi, perché il traffico tra i due Paesi è molto pericoloso.
Quali sono invece i punti di forza? Ciò che ti fa dire: si può puntare su questo!
Siamo l’unico centro della Provincia, però abbiamo una rete efficace. Ad esempio in questo caso specifico con la fondazione “Hermano Miguel” di Quito, che ci permette così anche di fornire protesi e corsetti grazie alla consulenza dei loro tecnici e del lavoro sinergico tra una loro terapista e una terapista del centro “Nuestra Familia”, le quali realizzano la clinica del piede torto con il metodo “Ponseti”.
Tu segui anche nello specifico gli incontri con i familiari dei bambini raggiunti dal progetto. Cosa ritieni sia più importante, oltre a far comprendere come utilizzare gli ausili e le ortesi?
Io credo che sia importante fornire gli strumenti per comprendere meglio il loro bambino. Quando parlo con i genitori che mi chiedono se il loro figlio potrà camminare, io rispondo sempre: Cosa intende per camminare? E loro: Che sia autonomo… E già il discorso cambia, si mettono le basi per riequilibrare alcune prospettive. Alcuni bambini, con l’aiuto di carrelli, tutori, stampelle potranno certo camminare. Per altri non sarà possibile. Ma la cosa essenziale, per tutti i genitori credo, è puntare a che il bambino stia bene e che sia il più autonomo possibile, non necessariamente camminando. Ti faccio questo esempio: una delle prime cose per un bambino grave non è essere autonomo, ma che stia bene, giusto? Il primo aspetto della riabilitazione fisioterapica è che sia posturato bene affinché respiri meglio e si possa guardare intorno, interagendo con gli altri anche solo con lo sguardo… che sia seduto il meglio possibile! Per questo motivo è importante personalizzare ciò che si fornisce: si aggiunge un appoggio per la testa, un divaricatore, e così via. Perché sia un aiuto funzionale e che dà benessere. Se un ausilio migliora lo stato di salute, migliora anche la coscienza di sé del bambino con disabilità come persona e la sua immagine davanti agli altri. Quindi per tornare alla tua domanda, credo che la cosa importante sia che la famiglia e la persona si sentano capite nei loro bisogni, accolte, e che abbiano gli strumenti necessari per una vita migliore e per la maggiore inclusione possibile. L’obiettivo è che i genitori vadano via non soltanto conoscendo la parte tecnica, ma anche che intuiscano qualcosa di più da questo punto di vista.