Dal mese di ottobre del 2021 io e la mia collega del servizio civile Alice lavoriamo al Servizio SAFIR di Temara insieme all’equipe locale formata dall’educatrice Soumia, la fisioterapista Meriem e le logopediste Sara e Nadia.

Io sono una fisioterapista, mentre Alice è una TNPEE. Tutti i lunedì lavoro a stretto contatto con Meriem, insieme ci confrontiamo e decidiamo quali sono gli obiettivi per ogni bambino che necessita di fisioterapia; nel resto dei giorni della settimana, invece, lavoro da sola. In questo modo la maggior parte dei bambini fa due sedute a settimana e i miglioramenti sono oltremodo visibili. 

Senza che me ne rendessi conto ho iniziato a gestire le varie attività e a decidere in maniera autonoma i giochi da fare durante le intere sedute, che prima avevo soltanto affiancato. Contemporaneamente il mio vocabolario in darija cresceva e questo mi ha permesso di potermi esprimere e di comunicare direttamente con le mamme; anche se ancora in maniera elementare, per me questo ha una grande importanza.

Ho infatti notato quanto mi piaccia lavorare insieme ai bambini e quanta gioia ed entusiasmo io abbia rispetto all’inizio, perché non sapersi esprimere e non essere mai stata così tanto a contatto con loro e con alcune forme di disabilità può essere molto difficile, frustrante e stancante. 

WhatsApp Image 2022 04 07 at 14.05.13Vorrei parlarvi di Hajar, una bambina che mi ha particolarmente colpito e che ha un ritardo psico-motorio. Inizialmente molto legata alla mamma e con una forte debolezza alle spalle, abbiamo provato a fare qualche esercizio ma il dolore la faceva piangere ripetutamente. Non è mai facile gestire il pianto, che sia dovuto al dolore o che sia legato al bisogno di voler stare sempre in braccio alla mamma. Infatti, l’attaccamento e il rapporto che si crea tra loro è qualcosa di estremamente forte; spesso noto quanto riescano a comunicare tra di loro, anche soltanto attraverso gli sguardi, soprattutto per quei bambini che non hanno modo neanche di vocalizzare. Cercare quindi di allontanarli e renderli più indipendenti dal contatto fisico materno diventa un vero e proprio obiettivo del percorso riabilitativo.

Con il tempo, infatti, sono riuscita a lavorare molto bene con Hajar, che è diventata sempre più autonoma, arrivando ad accettare e a divertirsi durante tutte le attività e i giochi che le ho proposto. Nel corso di questi mesi siamo anche riuscite a lavorare con un verticalizzatore, per correggere la retrazione agli arti inferiori, che poi abbiamo lasciato alla mamma perché continuasse ad utilizzarlo a domicilio. 

È sempre bello poter collaborare con loro, perché per quanto si possa lavorare bene durante le sedute al SAFIR, affinché vi siano importanti miglioramenti è fondamentale che il bambino venga seguito anche a casa. Bastano davvero poche cose: qualche accortezza riguardo la postura da assumere da seduti quando mangiano, oppure le richieste e i modi con i quali si può sfruttare il gioco per migliorare le loro abilità. 

Hajar ad oggi riesce molto bene a stare seduta, a spostarsi in totale autonomia a quattro zampe e ora stiamo lavorando sulla stazione eretta, perché possa poi camminare. Abbiamo anche iniziato attività più a carattere educativo: ad esempio l’associazione di colori ad alimenti conosciuti, la costruzione di piccole torri o la simulazione di situazioni quotidiane quali il preparare il caffè e servirlo.

E così, con il tempo, la pazienza e l’amore verso ciò che si fa, si crea un bellissimo rapporto: Hajar ha voglia di entrare al centro e starebbe lì oltre il tempo della seduta, mentre la mamma è molto più entusiasta e fiduciosa nella riabilitazione, in me e nelle mie colleghe.

Tutto questo sia grazie ai risultati ottenuti sia grazie a quello che possiamo semplicemente chiamare ‘lavorare insieme’.

Alessia Franchini – Casco Bianco SCU con OVCI in Marocco

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