Alessia, Casco Bianco in Marocco, durante il suo anno di Servizio Civile ha voluto seguire il Ramadan e ci racconta la sua esperienza:

Il Ramadan, nel calendario islamico, è il nono mese dell’anno, composto da 29 o 30 giorni, sulla base dell’osservazione della luna crescente. È considerato uno dei Cinque Pilastri dell’Islam, insieme alla testimonianza di fede, alla preghiera, al pellegrinaggio alla Mecca (quando possibile) e all’elemosina.

Quest’anno, qui in Marocco, è cominciato domenica 3 aprile ed è terminato domenica 1 maggio, mentre lunedì 2, primo giorno di Shawal, si è celebrato l’Eid, festa che segna la fine del digiuno dopo il mese di Ramadan. 

IMG 8564Son molto felice e soddisfatta di poter dire di averlo seguito correttamente e per tutto il mese. Ho deciso di farlo spinta da una grande curiosità, dal clima bellissimo che c’era qui a Rabat, dalla voglia e felicità che le persone mi trasmettevano al sol pensiero che presto sarebbe cominciato. Anni fa, inoltre, lessi una frase ad oggi ancora molto importante per me: ‘serve vivere un’esperienza per modificare una credenza’. Così ho sfruttato quest’occasione per mettermi ulteriormente alla prova, per conoscere effettivamente cosa sia e che cosa significhi fare il Ramadan, quando la maggior parte delle persone è abituata a commentarlo per sentito dire, senza alcun tipo di analisi o tentativo di approccio ad esso.

In questo mese ci si impegna, dal sohur (ultimo pasto prima delle luci dell’alba) al ftour (pasto con cui al tramonto si spezza il digiuno), a digiunare dal cibo e dall’acqua, ad astenersi dai piaceri sessuali e da vizi quali bere alcol, fumare, fare pettegolezzi o dire parolacce e ad avvicinarsi alle persone che vivono quotidianamente in condizioni di povertà.

Oltre a queste limitazioni, il mese di Ramadan è fonte di importanti insegnamenti: andare oltre i propri limiti e i propri bisogni fisici, soffermarsi su ciò che conta davvero, allontanarsi dalle distrazioni ed essere invece più produttivi, darsi degli obiettivi e buoni propositi su cui lavorare per cercare di uscirne migliorati, riflettere su ciò che si è, si vuole e si può così poi da riscoprirsi più forti e consapevoli. 

E così il sabato precedente l’inizio ci siamo trovati con degli amici in un cafè per fare un buon brunch, in onore dell’ultima colazione prima dell’inizio delle successive sveglie verso le 4. I primi giorni sono sicuramente stati i più difficili soprattutto perché vivendo vicino alla moschea il richiamo alla preghiera e la successiva lettura del Corano fatta dall’Imam per il Fajr sono stati molto più forti del solito e questo mi ha reso molto difficile riaddormentarmi e abituarmi anche nei giorni successivi.

La mancanza di sonno è stata per me sicuramente la cosa più difficile da gestire.

Durante la giornata invece ciò che si fa più sentire sono il mal di testa, la sete e, verso sera, la fame e il fatto che si sia più stanchi del solito; ma nel giro di qualche giorno mi son abituata e sentita molto meglio.IMG 9066

Le molte occasioni di condivisione e di ritrovo con altre persone sono sicuramente ciò che più mi è piaciuto, che non mi aspettavo sarebbe così spesso successo e che ricorderò: abbiamo fatto tanti ftour insieme ad alcuni ragazzi di Cefa, l’altra associazione che ha sede accanto a noi qui a Rabat. Sono andata più volte a casa di una mia amica marocchina, Salma, condividendo con la sua famiglia importanti momenti e con la quale sono potuta andare alla preghiera Maghrib. Con Alice siamo state ospiti della nostra collega Soumia e della sua bellissima famiglia, con Alfonso e con i nostri colleghi abbiamo fatto un grande ftour dove ognuno ha portato qualcosa e abbiamo mangiato cibi tradizionali del Ramadan tra i quali l’Harira, una zuppa a base di ceci e carne, e gli Chbakya, dolci tipici al miele. Ho anche avuto occasione di andare con i miei compagni del corso di francese al mare: che bello vedere tanti gruppi di persone in spiaggia attendere con ansia il richiamo alla preghiera e spezzare tutti insieme il digiuno con un dattero (o più ma in numero disparì) e un sorso d’acqua.

Dopo qualche giorno ho raggiunto ad Agadir Fatima, una mia cara amica, per festeggiare insieme il mio compleanno e trascorrere poi l’Eid con parte della sua famiglia. Durante questa importante festa si rende grazie ad Allah per il sostegno e la forza donati e dopo la lunga preghiera Fajr ci si ritrova in famiglia in un grande clima festoso, mangiando in abbondanza allo ftour (colazione), indossando spesso una nuova ed elegante Jellaba (abito tradizionale), mostrando a volte le mani dipinte con l’henne nel giorno del Destino e inoltre donando ognuno qualcosa a qualcuno di più bisognoso o senza lavoro, un aiuto più o meno del valore di un pasto.

Spero con queste poche parole e questi miei ricordi di poter essere fonte di ispirazione per tutte quelle persone che apprezzano l’aver una mentalità aperta, che amano mettersi in discussione, che vogliono conoscere e scoprire il diverso e che soprattutto vedono la diversità non come un problema ma come un’immensa ricchezza.

Alessia Franchini, Casco Bianco SCU con OVCI in Marocco

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