L'11 aprile in Marocco è stato il giorno dell'Eid Al Fitr, che segna la fine del periodo di Ramadan, e avendo dei giorni di vacanza a disposizione, io e Giulia insieme ai ragazzi in Servizio Civile con CEFA (Nicki, Erika e Federica) abbiamo deciso di fare un viaggetto per il sud del Marocco passando per Agadir, Taghazout ed Essaouira.

foto racconto agadirAbbiamo passato dei giorni stupendi. Ci siamo spostati in pullman e il rientro è durato quasi 9 ore, da Essaouira a Rabat. Siamo arrivati alla stazione verso le 21.30 e siamo saliti su un grand taxi che ci avrebbe portato in centro città. Da questo momento, tutte le energie recuperate in vacanza si sarebbero velocemente deteriorate in stanchezza per il viaggio.

Arrivati in centro camminiamo fino a casa, facendo una piccola tappa per comprare qualcosa da mettere in pancia, anche perché le ragazze e Nicki volevano un frullato, io invece, che volevo prendere qualcosa di più sostanzioso, sono andato in un Depanneur (un negozio/minimarket con un po' di tutto) e solo lì, quando è arrivato il momento di pagare, mi sono accorto che il mio portafogli non c’era più.

Non quello con le monetine (che mi hanno salvato la cena), ma quello con la carta d'identità, la patente, la carta di credito prepagata e oltre 1500 dirham in contanti (poco meno di 150 euro).

Panico.

Almeno il passaporto lo avevo, la cosa più importante.

Ho avvertito subito gli altri. Dato che avevo pagato io il taxi, ero sicuro lo avessi perso a bordo, ma non avevamo preso il numero della vettura e quindi era come cercare un ago in un pagliaio. Siamo ritornati con un taxi dove eravamo scesi a Bab Chella. Ci siamo rivolti ai poliziotti, abbiamo chiesto ad altri taxisti grazie a Nicki che parla molto bene il Darija, e abbiamo scoperto che c'era un posto dove gli oggetti smarriti nei taxi vengono depositati e che avrei dovuto fare la dichiarazione di smarrimento in commissariato. Ovviamente ero sicuro di aver perso un bel po' di soldi e che rifare tutti i documenti sarebbe stata una vera iattura.

Il giorno dopo sono andato 3 volte al punto di deposito degli oggetti smarriti, la mattina, a mezzogiorno e al pomeriggio, ma niente. Inoltre le indicazioni che i poliziotti ci avevano dato riguardo a come e dove fare la denuncia erano vaghe e imprecise. Sono tornato in ufficio per aggiornare Alessandra (la nostra OLP), quando la nostra collega Rabia, prima che me ne andassi, mi ha detto che avrei potuto provare anche tornare alla stazione dei pullman della sera prima e sperare di reincontrare lo stesso taxista.

Mi è sembrato logico, e così ho fatto.

Alle 19 ero alla Gare Routière da cui eravamo partiti. Avvicinandomi ai Grandtaxisti e raccontandogli la vicenda sono arrivato a parlare con un signore marocchino sulla sessantina chiamato Simone (proprio Simone, così), che parlava perfettamente l'italiano e con un forte accento abruzzese. Mi diceva infatti di aver vissuto lì per moltissimi anni. So bene che tanti marocchini parlano in italiano, ma ammetto che sentire il dialetto mi ha colpito ...

Comunque Simone ha fatto da interprete con gli altri taxsti che si sono attivati subito, trovare il taxista fantasma era la loro nuova sfida. Mi hanno chiesto a che ora avessi preso il taxi e in che punto del parcheggio, insieme a altre mille informazioni sulla vicenda per ricostruire i fatti. Così ho attirato l'attenzione del responsabile dei Grand Taxi, l'uomo che solitamente indossa un cappello per distinguersi e che in ogni fermata di taxi si occupa di gestire l'ordine dei clienti ed evitare liti fra taxisti o fra viaggiatori. Si faceva chiamare Milano e aveva un cappello di paglia come quello di Rubber in One Pieace per chi lo ha presente. Come ho spiegato tutto a lui, prende il cellulare e chiama il suo primo sospettato, Ayoub, che alla domanda: "Hai trovato un portafogli con documenti italiani ieri sera dopo aver portato 5 ragazzi a Bab Chella" ha risposto di sì. Non avevo idea se fosse una fregatura o meno, se non mi fidavo, perdevo i documenti. Milano mi ha dato il numero di Ayoub che così mi teneva aggiornato sul suo arrivo. Ci ha messo 1 ora e mezza e solo 5 minuti prima di arrivare mi ha scritto che non aveva il portafogli con sé, ma lo aveva lasciato a casa, anche se non era chiaro se sarebbe andato a prenderlo per poi portarmelo o se sarei dovuto andare con lui. 

La chiamata arriva, attraverso la strada e appena lo vedo lo riconosco, aveva anche la stessa felpa della sera prima. La speranza si fa concreta, e dopo baci e abbracci, con una spinta mi fa entrare in un Petit Taxi dove c'erano già altri 2 passeggeri che avevano tenuto la portiera aperta come per non farmi scappare, ero in trappola. Così mi sono ritrovato seduto in mezzo nel sedile posteriore nel taxi pieno, in cui parlavano solo in Arabo e senza sapere dove mi stessero portando. Oltretutto il mio telefono aveva poca carica, quindi ammetto, me la stavo facendo davvero sotto. Ayoub cerca di tranquillizzarmi, ma non sapevo come fidarmi, soprattutto dopo la mossa brusca per salire in taxi. Finché ci fermiamo, eravamo a Yacoub El Mansour, un quartiere di Rabat che ha delle zone ancora molto popolari, anche se non era quello il caso, di certo non era rassicurante come il centro, ma abbastanza normale, era illuminato, abbastanza pulito, solo gli edifici sembravano un po' dei casermoni ma anche a Como ci sono zone così: la mia preoccupazione stava calando ma ero ancora allerta. Arrivati davanti a casa sua, mi fa cenno di aspettare.

Pausa suspence. Culmine della tensione.

Poi si volta e mi spiega che sua sorella doveva indossare l'hijab, allora siamo entrati. Mi presenta sua madre e sua sorella, e mi consegna subito il mio portafogli con tutti i documenti e tutti i soldi.

Come se non bastasse, sua madre entra con un vassoio pieno di dolci fatti in casa e una grossa teiera. Iniziano a raccontarmi che mi avevano cercato ovunque, in Ambasciata, alla stazione, a Bab Chella, addirittura la sorella (che ha 22 anni, quindi circa la mia età) mi ha cercato su tutti i social trovando un profilo Instagram che avevo dimenticato di avere dai tempi delle scuole medie... Era incredibile, un momento prima avevo perso tutto e mi sentivo in pericolo, un momento dopo mi ritrovavo accolto in famiglia.

Finito di bere il tè con i biscotti, Ayoub poi mi ha messo su un gran taxi per riportarmi in centro e mi ha lasciato andare. Sono tornato vittorioso, e soprattutto con una grande lezione di vita. Sono debitore ad Ayoub e alla sua famiglia, e ho imparato che non si potrà mai distinguere una fregatura da un colpo di fortuna se non si va fino in fondo a proprio rischio e pericolo.

Giona De Iusi, Casco Bianco SCU con OVCI in Marocco

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