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Dal novembre 2019, giorno in cui sono stato selezionato per il mio progetto in Sudan ad oggi, sono passati seicentocinquanove giorni.

Appena terminato l’università ho intrapreso un percorso di volontariato in Europa che ha confermato la mia passione per il mondo della cooperazione e che mi ha fatto dire: “Sono pronto per fare il passo successivo!”

Durante la prima ondata della pandemia le cose erano molto incerte, nessuno sapeva cosa sarebbe successo, quanto sarebbe durata e se fossimo potuti partire. La partenza, fissata a marzo 2020, è stata ovviamente spostata di mese in mese fin quando, ad inizio autunno, quasi tutti i progetti extra UE sono stati chiusi per ragioni di, ovvia, sicurezza.

Non c’era un vaccino, molti Stati si stavano preparando ad affrontare una seconda ondata che si rivelerà essere ben più pesante della prima... perfino il ponte che collega Khartoum e Omdurman era chiuso.

Tra me e me dicevo: “Alla fine, è stato meglio così, forse. Non avrebbe senso partire adesso. Cosa farei? Quanto dovrei rischiare?”

Certo, il dispiacere è stato tanto. Quasi un anno di attesa e tante difficoltà si sono fatte sentire, sia personalmente che professionalmente, ma vedevo il grande schema delle cose e, facendo spallucce, mi dicevo: “Dai, ci riproverò la prossima volta! Andrà sicuramente meglio”. Ma così non è stato.

Con la coscienza di quanto successo l’anno precedente, i progetti sono stati finanziati, adattandoli alle necessità per garantire la sicurezza di tutti, chiedendoci di vaccinarsi prima della partenza seppur non rientrando in una categoria particolare e tante altre misure di sicurezza sono state adottate. Tutto stava andando per il verso giusto, le pratiche del visto di ingresso avviate, la formazione fatta (per la seconda volta) si è conclusa, si sente già dire dalle nostre responsabili che la data della partenza sarà probabilmente il 18 o il 19 agosto. Iniziamo anche a lavorare concretamente, seppur a distanza, sui materiali del progetto: report, ricerche e tante altre cose che ci fanno sentire già lì. Qualche giorno prima della presunta partenza lascio il mio lavoro che nel frattempo avevo trovato per sostenermi durante questo anno e mezzo d’attesa, lascio la mia casa e vado a trovare i miei genitori.

Al 13 di agosto, a pochi giorni dalla partenza, viene deciso un altro blocco solo per 19 paesi, incluso il Sudan e altri paesi in cui noi volontari OVCI saremmo dovuti andare. Questo porta ancora attesa e incertezze sul proprio futuro. L’anno scorso era tutto nuovo, alla fine era molto prevedibile non riuscire a partire, mentre quest’anno è stato come un fulmine a ciel sereno, arrivato in una sera di ferragosto. Tra i visti d’ingresso arrivati, le valigie pronte, i vaccini fatti e le spese sostenute per prepararsi alla partenza, il blocco improvviso ci riporta indietro in una condizione di liminalità in cui non si parte più ma i progetti non sono ancora chiusi.

A 26 anni io e tanti altri colleghi e colleghe ci ritroviamo ad aspettare di sapere ancora una volta cosa ne sarà del nostro futuro, senza pensare di poter cercare un altro lavoro, mentre si attende perché non si sa se una risposta positiva in cui ci fanno ancora sperare possa arrivare fra una settimana, nel 2022 o... mai. Molti come me hanno lasciato un lavoro, famiglia, affetti e sicurezze per mettersi in gioco e dare fiducia alle promesse fatte dal SCU per poi ritrovarsi, dopo tutti gli sforzi e i sacrifici fatti, in un continuo limbo di incognite.

Intanto il tempo passa, i giorni si susseguono e altri volontari o professionisti della cooperazione raggiungono la propria sede di servizio, svolgendo le stesse mansioni che avrei dovuto svolgere anche io. E noi tutti che siamo rimasti qui a guardare non possiamo che augurare il meglio per chi è partito e riuscirà a realizzare i propri piani. Noi, nel frattempo, restiamo qui a pensare: Quando toccherà a noi? Potremo anche noi? Meglio abbandonare ora e trovare un altro lavoro per pagare l’affitto senza pesare sui nostri genitori o persone care? O forse meglio aspettare? Magari la situazione si sblocca e i nostri sforzi e sacrifici non saranno vanificati! Quando ci verranno riconosciute la maturità e la consapevolezza che ci hanno fatto decidere di andare a svolgere un determinato periodo di servizio all’estero per noi e per il nostro Stato? Quando potrò smettere di contare i giorni di attesa?

Spero che questi nostri dubbi vengano placati presto. Spero di non dovermi sentire dire un’altra volta: “Dai, ci puoi riprovare l’anno prossimo!”. Nel mentre la mia valigia resta là, pronta per partire, pazientemente in attesa.

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Alfonso Salerno, Casco Bianco OVCI Sudan in attesa di partire

#sbloccoSCUestero

 

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