Questo resoconto, steso più come un diario di bordo che come una vera e propria relazione, racconta i giorni che vanno da sabato 15 aprile, inizio degli scontri fra le forze armate sudanesi e le forze paramilitari denominate Forze di Supporto Rapido (acronimo inglese: RSF), a domenica 23 aprile, giorno di inizio dell’evacuazione.
Sabato 15 aprile
Ci svegliamo con un messaggio dell’Ambasciata italiana che ci invita a stare in casa e non uscire; non viene offerta alcuna spiegazione. Qualche minuto dopo si viene a sapere che l’esercito ha attaccato le forze paramilitari, le Milizie di Supporto Rapido o viceversa.
Non è ancora molto chiara la dinamica. Controlliamo che nessuno di noi sia fuori dal compound.
Arrivano degli ospiti: una comitiva di 5 persone da noi a Omdurman perché le strade per Khartoum sono bloccate.
Iniziamo a sentire gli spari e notiamo dei nuvoloni di fumo nero alzarsi nel cielo. Sembrano venire da Khartoum; anzi, sicuramente lo sono. Facciamo alcune chiamate ai nostri colleghi sudanesi o ad amici sudanesi e non. Leggiamo le notizie: viene confermato che l’esercito e i paramilitari si stanno apertamente scontrando per il controllo di Khartoum e dei suoi punti nevralgici.
L’elettricità viene tagliata. Si decide in una riunione di razionare il carburante e di procedere all’accensione del generatore solo per 4 ore al giorno: 2 la mattina e 2 la sera.
Il tempo passa e si arriva a sera. Siamo tutti un po' frastornati e preoccupati. La prima notte si dorme poco.
Domenica 16 aprile
Ci risvegliamo al secondo giorno di scontri che iniziano intorno alle 4 di mattina. Sembrano molto forti ed infatti poi vengo a sapere che provengono da un’area di Omdurman chiamata Wad al Basheer. La sera prima ci siamo premurati di mettere i materassi a terra e di situare a protezione delle finestre dei tavoli o dei materassi. Potrebbe comunque essere necessario predisporre le stanze per dormire giù al piano di sotto, negli spazi di fisioterapia. L’elettricità non c’è ancora, ma l’acqua c’è.
Nel pomeriggio sembra che gli scontri si affievoliscano: le armi tacciono, forse giusto per dare il tempo ai soldati di mangiare il pasto che rompe il digiuno giornaliero del mese di Ramadan. Si riprende comunque a combattere verso le 8 di sera. Cerchiamo di stare aggiornati con le notizie sul conflitto e di metterci in contatto nostri colleghi sudanesi, i colleghi di altre ONG e gli amici sudanesi e non.
Lunedi 17 aprile
È da tre giorni che il Centro di riabilitazione è chiuso, interrompendo così un servizio essenziale per i bambini con disabilità e per le donne, le madri, le ragazze e i bambini che usufruivano dell’ambulatorio, che offre servizio materno – pediatrico nell’area marginalizzata di Dar el Salam.
Per un paese il cui circa 90% della popolazione vive al di sotto della soglia minima di povertà, questa guerra è una catastrofe.
Si inizia però a parlare di un "cessate il fuoco" di un giorno, che dovrebbe partire da stasera.
Martedì 18 aprile
Ieri non c’è stato alcun "cessate il fuoco", lasciando gli scontri seguire lo stesso copione dei giorni precedenti. A volte, quando sentiamo colpi molto forti, andiamo al piano di sotto nelle stanze di fisioterapia o nella sala riunioni.
Facciamo spesso incontri informali dove parliamo della situazione, giochiamo a carte o ridiamo per alleggerire la pressione quotidiana. Nei nostri dialoghi parliamo spesso dei nostri colleghi sudanesi e delle loro famiglie, dei nostri amici e conoscenti. Cerchiamo di sentirli quotidianamente nonostante i tagli all’elettricità e ad alcune compagnie telefoniche. Siamo informati che alcuni stanno iniziando a lasciare Khartoum per trovare rifugio negli altri Stati, quelli in cui ancora il conflitto non è arrivato. Alcuni di loro hanno subito danni ingenti alle loro abitazioni.
Mercoledì 19 aprile
Ci svegliamo senza più acqua nelle tubature. I serbatoi che sono in terrazza non funzionano. Bisogna razionarere l’acqua che abbiamo raccolto nei recipienti che sono presenti nei bagni di ciascuna abitazione. Ogni giorno viene dichiarato un nuovo "cessate il fuoco" di 24 ore che non viene mai rispettato.
Si parla di tentativi di evacuazione da parte di alcune ambasciate europee e non. Anche le Nazioni Unite sembra stiano organizzando qualcosa.
Sembra che i miliziani stiano entrando in abitazioni private, anche ville di diplomatici e uffici di organizzazioni internazionali, per rubare quanto di valore.
Un'altra giornata finisce.
Giovedì 20 aprile – venerdì 21 aprile
Si riprende come al solito alle 4 di mattina. Domani, venerdì, dovrebbe essere il primo giorno della ‘eyd al Fitr, la festa che pone fine al digiuno del mese di Ramadan. Chissà se deporranno le armi per la durata della festività.
Ma come si può essere lieti in questo contesto? I viveri iniziano a scarseggiare. Noi abbiamo delle buone scorte, ma gli altri? I nostri colleghi? I sudanesi la cui maggior parte della poppolazione vive alla giornata e in questo contesto non può lavorare? Dove trovano il pane quotidiano?
I due contendenti, l’esercito regolare, capitanato dal Generale al Burhan, e le milizie paramilitari RSF, capitanate dal generale Hemetti, combattono all’ultimo sangue per la conquista di Khartoum. Sul campo il loro potere militare quasi si equivale: le forze dell’esercito sono più numerose e hanno dalla loro la forza dell’aviazione, mentre RSF non hanno aviazione, hanno un numero inferiore di uomini, ma sono ben addestrati. Sembra che stia arrivando un contingente di circa 30.000 combattenti di rinforzo ai RSF.
Ma perché pensarci? Siamo neutrali, non è una partita di calcio, ma un gioco in cui si muore come tutte le guerre, che siano dichiarate o no, e come afferma il Chamberlain, primo ministro inglese dal 1937 al 1940: "In guerra, qualunque parte possa vantarsi di aver vinto, non ci sono vincitori, tutti sono perdenti". Oggi stiamo solo riconfermando la nostra sconfitta come genere umano.
I nostri colleghi sudanesi, che vivono soprattutto a Omdurman, stanno bene. Anche gli altri amici sudanesi o stranieri che stanno a Khartoum stanno bene. Siamo sempre in contatto con l’Ambasciata Italiana che si trova in un’area molto esposta ai bombardamenti. Stanno tutti bene.
A volte mi sento domandare: “E l’Ambasciata Italiana cosa fa? Non ci/vi evacqua?”. Per me la risposta è: “Sicuramente stanno preparando un piano e noi ci siamo già iscritti alle liste di evacuazione. Il cessate il fuoco non viene rispettato. Non sono un’esperta di diplomazia, ma credo ci debbano essere le condizioni di sicurezza per procedere all’evacuazione di centinaia di persone. Bisogna avere i nervi saldi, essere pazienti e aspettare altre indicazioni. Se ne uscirà insieme.”
Faccio una chiamata con la desk-officer per il Sudan e si conviene di attenerci sempre alle linee dell’Ambasciata. La desk-officer manda anche un vocale sul gruppo che abbiamo in comune spronandoci ad essere forti, resistere e aspettare le direttive dell’Ambasciata.
Sabato 22 aprile
I colpi iniziano, come al solito, alle 4. Saranno i colpi per festeggiare il secondo giorno di festa? Allora Eid Mubarak!!!
Oggi ci sono conflitti molto forti a Amarat. Non è per niente un giorno di festeggiamenti.
Anche da noi gli scontri sono più forti: si sentono colpi di artiglieria, aviazione, ma comunque sono relativamente lontani. Nella relativa calma che viviamo a Omdurman, facciamo un controllo logistico sulle macchine, carburante, olio in preparazione a un’eventuale evacuazione. Devo dire che siamo stati una buona squadra e che abbiamo diviso bene il lavoro.
Nel frattempo i nostri ultimi ospiti ci lasciano.
L’acqua è ritornata per qualche ora sia ieri che l’altro ieri.
Verso la sera ricevo una chiamata dall’ambasciata Italiana sulla possibilità di un’evacuazione. Vengo anche informata che OVCI sarà uno dei punti di raccolta dei connazionali.
Siamo in trepidazione per domani. Io personalmente non avviso nessuno dei colleghi sudanesi e dei miei familiari. Anzi sono loro che mi scrivono dicendomi che l’ANSA ha pubblicato la notizia che l’indomani è prevista l’evacuazione. Fra me e me temo che non si concretizzi. È una nottata di preparativi per tutti.
Domenica 23 aprile – martedì 25 aprile
Alle 7:00 sono in piedi, dopo aver dormito solo qualche oretta: una notte passata fra racconti intorno a un focolare immaginario con alcuni colleghi e una pseudo-vigilanza dalle finestre per controllare se c’è qualche malintenziato che voglia sottrarci la macchina. Quest’ultima e il carburante sono il bene più prezioso che ci servirà per raggiungere il punto di evacuazione. I primi ospiti arrivano alle 07:20, sono una famiglia italo-sudanese. E da là sarà un continuo: alcuni vengono con le macchine proprie, altri hanno condiviso il mezzo con altri. Alcuni vengono ospitati su nel compound negli spazi comuni, altri preferiscono stare giù nelle stanze del Centro di riabilitazione.
Al compound OVCI sono giunte circa 70 persone. Si parte per l'aeroporto militare di Wad al Madani, nord di Omdurman. È la prima volta che usciamo fuori dallo scoppio dell’ostilità e quello che ci troviamo davanti è surreale: Omdurman è una città marchiata a fuoco da devastazione in ogni dove. Scene che prima di allora avevamo visto solo in film e non avremmo mai pensato potessimo vedere da vicino. Ci sono militari, probabilmente facenti parte dell’esercito regolare, ci sono jeep appartenenti all’esercito e veicoli blindati in ogni dove. Partiamo verso le 23 circa lasciando Khartoum. Sarà possibile ritornarci?
A Gibuti l’accoglienza è davvero calorosa e molto organizzata: anche se sono ormai le 3 di notte, troviamo la mensa aperta e possiamo rifocillarci. L’indomani, dopo colazione, andiamo in aeroporto dove prendiamo un aereo militare per Roma Ciampino. Il viaggio dura circa 10 ore. La notte la passiamo a Roma presso la Comunità delle Piccole Apostole della Carità dove troviamo un’accoglienza calorosa e una tisana rilassante. Andiamo a dormire per poi ripartire il giorno dopo per le nostre residenze.
I media italiani hanno estensivamente narrato dell’esito positivo dell’operazione e i miei ringraziamenti più sinceri vanno all’Ambasciata italiana in Sudan, per il supporto offerto in quella situazione, e l’Unità di Crisi della Farnesina per l’organizzazione di questo intervento. Un altro ringraziamento a OVCI Italia per il supporto e il sostegno dimostratoci e alle PAC di Roma per l’ospitalità.
Tatiana Tavano, Rappresentante Paese per OVCI in Sudan