Un viaggio alla riscoperta di me stessa, questo è il Sudan per me.
Vivere lentamente, attendere i tempi giusti per ogni cosa.
Avere un obiettivo, una meta, dei desideri da realizzare. Ma avere la flessibilita’ di cambiare il sentiero, cambiare il lato da cui salire la duna. Essere pronti ad ascoltare e ascoltarsi per riuscire a trovare un equilibrio: adattare il proprio passo per non lasciare indietro nessuno, ma non adagiarsi per non fermarsi.
Aprire la mente e gli occhi per assorbire il più possibile della nuova realtà in cui si è catapultati. Lasciarsi toccare, scuotere ma senza mai perdere la propria essenza, quello che si è davvero.
“Cambiare le foglie mantendendo le proprie radici”
Questa frase, condivisa da uno dei servizio civilisti durante la formazione, mi ha accompagnata fin dall’inizio, e forse ora riesco a comprendere davvero il suo significato profondo.
Avere il coraggio di scommettere su se stessi, decidere di mettersi alla prova con la prima esperienza fuori casa, fuori dall’Europa, sperimentarsi per la prima volta a livello lavorativo, senza conoscere la lingua né la realtà in cui si sarebbe dovuto operare.
Vivere ogni giorno come una sfida, come un’occasione unica di crescita, voler essere ogni giorno la versione migliore di se stessi. E maggiore è la sfida (qui non mancano mai!), più il sorriso è contagioso, più sono le domande e la voglia di capire. Prendere il meglio di ogni occasione e lasciar scivolare via il resto, la fatica, il caldo e gli scontri. Tenere solo il buono, e qualche sbaglio che aiuta a crescere nella giusta direzione.
L’inshallah sudanese (“farò del mio meglio, ma ci riuscirò solo se Dio lo vuole”) è la chiave di lettura che ha guidato, e sta guidando, la mia vita a Khartoum. E’ l’imprevedibilità che regna, che ti invita a cogliere l’attimo, a non lasciarti sfuggire nessuna occasione, perché non sai quando ti si ripressenterà di nuovo.
Qui, dove sembra mancare ogni cosa, l’umanità emerge e si afferma con forza.
Davanti alle difficoltà, alla coda per il pane, alle giornate passate davanti alle banche per prelvare qualche soldo, non mancherà mai uno sguardo accogliente e un amichevole “salam aleikum”. Puoi essere certo che se il tuo tuk-tuk si ferma, subito accorrerano in molti a darti una mano a spingerlo e se cerchi un passaggio ci sarà sempre un posto per te nel cassone di qualche pick-up. Lo spirito reale di fratellanza che si respira non è solo tra sudanesi, ma lo sento forte nei confronti di me kawaja, bianca, europea.
Incanalo energia dal rituale di saluti e abbracci con cui i colleghi mi accolgono ogni giorno alle 7 di mattina, faccio il pieno di zuccheri grazie al tè delle sitta shay, che mi guardano divertite e incredule quando glielo chiedo senza, e ogni minimo spostamento è possibile grazie alla pazienza dei taxisti con cui comunico in un buffo sudanese italo-inglese.
Lasciati sorpendere, abbi il coraggio di credere nell’incredibile che ti si para davanti
questo mi chiede il Sudan ogni giorno e quando ci riesco ogni cosa acquisisce senso e la bellezza emerge.
Il sentirsi accolti da una famiglia Sudanese come fossi davvero figlia loro, la gratuità nel dare senza chiedere nulla, senza mai accettare nulla in cambio!
Colleghi, coetanei e amici che dopo una giornata di lavoro scendono in piazza, digiuni e con 45 gradi, determinati a prendersi il loro futuro e a cambiare il proprio Paese. Gli occhi che brillano nel raccontare che due religioni dipinte come nemiche possono prendersi per mano e lottare insieme.
Il canto del Muezin che scandisce la giornata, il fracasso dei tuk-tuk, i colori del suq, il tramonto rosso nel Nilo e le stelle così vicine se le guardi dal deserto.
Preziosi compagni di viaggio, colleghi stupendi e amici veri.
Vivere tutto questo in pochi mesi, semplicemente applicando per SCU a Khartoum.
Giulia Speziale - SCU con OVCI a Khartoum