Secondo appuntamento con Carola e Matteo, partiti nel mese di giugno dopo aver conosciuto OVCI ed essere stati a Ponte Lambro per la formazione generale. Lui psicologo, Capo progetto del corso di Laurea in Sviluppo Umano; lei infermiera, referente tecnico del progetto CURE.
Come coppia hanno deciso di condividere il loro vissuto con conoscenti e amici, come anche con chiunque voglia entrare un po' più nel vivo di un'esperienza che tentano, attraverso le foto e le parole, di raccontare.
Vi lasciamo ad alcuni stralci di questo primo mese in Sud Sudan... Per leggere l'intero diario di bordo eccovi invece il link alla loro pagina: https://www.condividiamo.eu/wordpress/viaggi/sud-sudan/
16 luglio
La malaria in Sud Sudan mi accompagna ancora o come ha detto scherzosamente Fra Federico: “hai fatto l’abbonamento”. Devo ammettere che è molto triste e deprimente fare i conti con la propria inutilità e fragilità. Per quanto mi sforzi il mio corpo mi chiede di fermarmi. Dopo appena un mese e mezzo a Juba, il periodo più lungo nel quale stavo bene è stato in quarantena, i primi 10 giorni e questo è di per sé un pò demoralizzante. Il lavoro, l’esperienza e il cammino che ho iniziato qua erano già in salita, così purtroppo lo diventano ogni giorno di più.
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L’altro giorno stavo parlando con James di tutte le difficoltà e mi ha sorpreso dicendomi: ” Meglio che un cammino inizi con dei problemi, cosi inizi subito ad affrontarli. In fondo nella vita si incontrano molti problemi”. Credo che James sia un uomo molto saggio. Credo inoltre (e forse un pò lo spero) che superare i momenti difficili aiuti ad essere più forti. Sentire sulla mia pelle tutte le debolezze, l’improvvisa sensazione di essere anziano e debole, ha ravvivato in me due certezze importanti: l’insostituibile presenza di Carola nella mia vita e il perchè sono qui.
La forza delle motivazioni me l’ha ricordata anche un libro che ho da poco finito di leggere di Irving Yalom, un anziano psicoterapeuta esistenzialista, il quale ricorda come al tramonto della vita l’importante sia guardarsi indietro con pochi rimpianti.
“Più grande è il senso di vita non vissuta, più grande è il terrore della morte”
21 luglio
“Graande!” se penso ad Anna mi viene in mente questa parola, pronunciata con entusiasmo, un entusiasmo in grado di rompere la quiete di un discorso e farti sentire tutta la sua approvazione. Anna, capelli neri e sguardo perso nei sogni non ancora avverati, in un futuro che si concretizza nei suoi pensieri e che agli altri sfugge. Viso dolce e toni calmi, si muove nel mondo leggera. Si posa sulle cose e sulle persone con la sua apparente quiete, la sua passione è in instancabile movimento, un movimento attento a quel che le succede attorno, quasi in attesa di quello che sarà. Anna non è travolgente, ma è presente, quando vuoi parlare lei appare come per magia, quando vuoi proporre qualcosa lei è la prima, quando hai bisogno di un confronto c’è. È presente.
Poco tempo fa mi ha detto: “Sento che questo è il mio posto”. Una frase intensa da dire a Juba, che trasmette una di quelle sensazioni per cui ogni perché diventa superfluo, come l’amore, non si spiega, non si quantifica c’è, lo senti. Effettivamente quando la vedi passeggiare per i corridoi sembra che cammini per casa, tranquilla parla con le persone come fosse in famiglia.
Ecco si, Anna ha il profumo di casa, quando te lo dimentichi lei ti ricorda che siamo una famiglia, strana, eterogena, ma finché saremo qua saremo una famiglia. Questo è sempre molto rassicurante. Per cui quando la incontrate nei corridoi di Usratuna, pronta ad ascoltarvi e a rispondervi con un’inimitabile “Graande”, non meravigliatevi se dopo vi sentirete meglio, accolti, ascoltati, in una parola: a casa.
24 luglio
“Com’è vivere in Sud Sudan?”
“Difficile, costoso e insicuro”
“Non hai mai pensato di andartene da qui?”
“A volte si, poi penso che parte della mia missione in questa vita sia di crescere i miei figli nonostante le difficoltà e riuscire a contribuire al mio paese nel migliore dei modi.”
Questo è il dialogo fra Carola e Juma, un infermiere del poliambulatorio di Usratuna. Ma Juma è molto di più, è il suo braccio destro, è una persona meravigliosa, sempre disponibile, di quelle che si interessano e ti ascoltano, che domandano e che mettono allegria con i loro modi di fare.
In più Juma ha sette figli, non uno, ma sette, questo rende le sue frasi ancora più incredibili. Quando Carola mi racconta questo episodio, aggiunge: “Forse è questo il coraggio”...
[...] Per venire qua tutti ci dicono che siamo molto coraggiosi, ma è vedendo questi piccoli gesti, leggeri, semplici, allegri che mi rendo conto di quanto sia temerario questo popolo e come ogni giorno possano trasmetterti qualcosa.
Non conosco il futuro dei sette figli di Juma (tutti maschi tra l’altro), ma sono sicuro che impareranno a prendersi il carico delle responsabilità delle loro scelte, e ogni tanto ci rinfrescheremo anche noi di questa appagante difficile leggerezza. Come dice il cartello d’ingresso ad Usratuna: “Qualsiasi cosa fai, falla con amore”, aggiungerei “anche se non è facile”.
30 luglio
Nel giro di una settimana siamo fortunatamente riusciti ad andare due volte al mercato a Juba, una volta a Custom e una volta a Konyo-Konyo. Fortunatamente perchè è un privilegio che solo OVCI ci da, non tutti i cooperanti hanno la possibilità di andare al mercato. Molte ONG sono diffidenti. Si dimostra un difficile gioco di equilibrio tra la sicurezza e il coinvolgimento, tra rimanere nella tua bolla o entrare in contatto con la realtà locale. In questo tour esplorativo ci hanno accompagnato due ragazze locali: la loro presenza ci garantiva di non essere spennati dai venditori poiché, in quanto Kavaja (sì, c’è una parola specifica per uomo bianco!) rappresentiamo una fonte di guadagno per chiunque.
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La mia memoria di questa esperienza si sofferma su due vissuti che frammentano i Sud Sudanesi in due estremità senza dialogo. La prima è la profonda sensazione di essere squadrato, osservato, scrutato, quasi spogliato; la maggior parte delle persone che incontriamo camminando si fermano per fissarci e continuano anche dopo il nostro passaggio, neanche fossimo degli unicorni. Nel loro sguardo a volte c’è curiosità, a volte c’è odio. Ed in questo capisco cosa significa subire il pregiudizio e la discriminazione sulla propria pelle. Ti senti visto, giudicato e questo non passa inosservato, non puoi fare finta di niente distogliendo lo sguardo, ti rimane addosso, sulla pelle. Un colore diverso che per qualche locale rappresenta qualcosa da disprezzare senza neanche conoscere. Dall’altro estremo, troviamo sguardi curiosi e accoglienti, come a Konyo-Konyo, dove un gruppo di mercanti ci invita a banchettare con loro. Qua usano dividere una portata in varie persone, un pò per risparmiare un pò per cultura della condivisione. Ecco, io mi sono seduto, ho lasciato i timori e mi sono unito a loro, perchè quel muro invisibile che sento quando mi squadrano lo posso abbattere solo così, con gesti di gentilezza.
10 agosto
Oggi vi presento Gisella, il cuore pulsante di Usratuna e di OVCI in Sud Sudan, da più di undici anni a Juba. Assieme a Samuel, il suo braccio desto, la vedete girare tutto il giorno per il centro. In tutti questi anni ne ha visto passare tanti volti, esperienze, eventi, momenti belli e terribili, voglia di scappare e sicurezza di restare. Se avete fortuna nel tardo pomeriggio, se la trovate seduta(cosa molto rara), potete farvi raccontare qualche storia di questo strano e meraviglioso paese. Da lì nasce un fiume in piena, sgorgano racconti che neanche potreste immaginare, ricordandoci che la realtà a volte è più incredibile della fantasia.
Gisella è una forza della natura, inarrestabili, tant’è che una delle etimologie del suo nome è guerriera, penso le si addica a pieno. Capelli ricci e crespi, maglietta a maniche corte, gonna lunga e ciabatte, che ci sia il sole o che ci sia la pioggia il suo abbigliamento è questo, quando fa freddo aggiunge giusto i calzini o se piove molto un cappello da pescatore.
A volte sembra sia ovunque, la chiami e lei è già li, la cerchi ed è dall’altra parte. La senti arrivare dalla sua tipica sciabattata e dalla inconfondibile risata. Emana purezza, la vedi ridere e arrabbiarsi senza nascondere nulla, come solo i grandi che conservano il bambino interiore sanno fare.
Gisella trasmette semplicità a chi è al suo fianco; ogni giorno la chiameranno in duecento per risolvere altrettanti problemi, ma lei continua a trotterellare, spinta non si sa bene da che forza. Saranno tutte quelle preghiere che la sospingono. A Gisella puoi davvero perdonare tutto, perchè si butta con il cuore in ogni problema, sia che sia dei nostri dipendenti sia che sia di chi viene a chiedere assistenza. E per ogni cooperante mette una fetta di cuore, anche se ne ha visti passare tanti. Ecco io a volte mi chiedo davvero come faccia. Se Usratuna potesse parlare non smetterebbe mai di ringraziarla.
Carola Esposito e Matteo Ghini, collaboratori a Juba