Lo sport promuove l’integrazione tra culture diverse e unisce i popoli con differenti lingue e costumi… si superano le barriere con maggiore facilità rispetto ad altre situazioni più convenzionali. Mi sono chiesto se è davvero così: ad oggi credo proprio di sì!
A testimonianza di ciò vi porto a conoscenza della bella esperienza professionale ed umana vissuta con la Nazionale di Calcio del Sud Sudan e del progetto di partnership che stiamo realizzando tra il corso di Laurea in Scienze Riabilitative e la Federazione di Calcio.
Il tutto è nato per una mera casualità. Come fisioterapista sportivo mi trovavo nei pressi del campo di calcio in erba sintetica presente a Buluk, un’area attrezzata dove svolgere attività sportive in Juba. Un sabato di 2 mesi fa mi era stato chiesto di trattare degli atleti locali appartenenti alla federazione di atletica leggera. Lo stesso giorno però si allenava la Nazionale maschile di calcio a 11 e l’allenatore, di origine italiana, mi vide lavorare e mi chiese di parlare. Aveva bisogno di un fisioterapista specializzato in ambito sportivo che lo aiutasse a “mettere in piedi” il portiere, da un mese dolorante all’anca.
Si è paventata cosi una grande opportunità, non solo dal punto di vista personale, ma anche per la Scuola e gli studenti stessi ai quali insegno. Dal mio arrivo a Juba, OVCI mi ha chiesto di trasmettere le mie conoscenze pratiche agli studenti del Corso di Laurea in Scienze Riabilitative del Saint Mary’s College e quale migliore occasione si presenta dinanzi ai miei occhi!
Per tre settimane ho condiviso con gli studenti questa bellissima esperienza, seguendo con loro gli allenamenti della nazionale. Loro ovviamente entusiasti poiché tutto quello che gli avevo insegnato lo vedevano realizzarsi direttamente in pratica. Ed è iniziata così una collaborazione che sta portando alla realizzazione di un bel progetto da parte della Federazione per la realizzazione del Primo Centro di Fisioterapia Sportiva.
Inoltre sono stato invitato a seguire la Nazionale in Tanzania per le qualificazioni alla Coppa d’Africa per 10 giorni. In questo periodo ho potuto apprezzare ulteriormente cosa lo sport abbia il potere di fare: di unire tutti sotto un’unica bandiera, non solo quella nazionale, ma soprattutto della pace e della fratellanza. I giocatori, ma prima di tutto splendidi ragazzi, che gioivano e soffrivano insieme sotto il sole, sotto la pioggia cercando di aiutarsi a vicenda anche con un sorriso, una pacca sulla spalla, sono l’emblema di quello che significa realmente “fare sport”. Nonostante provenissero tutti da tribù differenti, luoghi e culture diverse, non c'era spazio per il razzismo, per il bullismo, ma solo rispetto verso l’altro e solidarietà sono stati i cardini di questo favoloso gruppo di Uomini che ho avuto l’onore e il piacere di seguire e con i quali ho condiviso una delle più belle esperienze della mia vita.
Alla fine di questo viaggio mi porto con me questa conclusione: lo sport abbatte le barriere culturali e xenofobe, i giovani atleti e studenti sono la chiave per migliorare il futuro di questo Paese e far cessare le guerre e l’odio. Sono felice che con il mio lavoro possa contribuire alla realizzazione di tutto ciò!
Vi ringrazio saluto con i protocollo della Nazionale che si segue sempre all’inizio e alla fine di ogni allenamento: una preghiera di ringraziamento e un richiamo all’unione nazionale gridando al cielo “Long life to South Sudan!”
Gianfranco CAPUTI, fisioterapista Corsi di Laurea in Scienze Riabilitative